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#epicbeerpairings

E’ capitato a tutti gli appassionati, prima o poi. Si parla coi sommelier, col personale di sala, e si pone la fatidica domanda: “perché non mettete della birra artigianale in carta?”. Basterebbe poco, una piccola selezione, magari qualche stile che si presti a supportare la proposta gastronomica del locale. Forse ne basterebbe una, magari all’interno di uno di quegli articolati percorsi al calice che comprendono vini, cocktail, infusi, saké… una, ma che sia decente o almeno all’altezze del resto dell’offerta. E le risposte sono spesso più avvilenti della situazione stessa (cito testualmente da una mia recente esperienza): “sono troppo saporite, mi rovinano il piatto” e poi il classico, la battuta che spegne la voglia di qualsiasi discussione: “sono troppo amare”.

Ok, riconosciamo che qualche prodotto un po’ troppo sopra le righe c’è, e un certo celolunghismo sulle IBU non ha giovato alla causa. Ma l’amaro, tanto osteggiato dai più, non è così alieno dall’abbinamento con la cucina italiana. Al netto del fraintendimento storico creato dalla scuola americana sui pairing per cui le birre molto luppolate si abbinano allo “spicy” (e se si riferiscano a cibi carichi di spezie o piccanti o entrambe le cose non è dato sapere, ma ci torneremo quando l’occasione propizia si presenterà), l’amaro trova l’accoppiata ideale in cibi ricchi di umami, sapidità, savory -chiamatelo come vi pare, basta che ci capiamo- e non si può certo dire che la nostra tradizione non ne offra.

Così, per cercare il giusto spunto per affrontare  la questione, ci affidiamo alle sapienti mani di un veterano della gastronomia birraria come Moreno Sgarbi dell’Osteria numero 2, che ci ha proposto un abbinamento doppiamente interessante: i bigoli dell’Osteria, un compendio di umami all’italiana, e la Okie Matilde, birra ragionevolmente amara e con le caratteristiche giuste per includere anche il bretta nell’equilibrio gustativo del tutto.

Il piatto è un trionfale, goloso sovrapporsi di sapidità mediterranee, olive nere, pomodorini secchi, capperi di Pantelleria: come gestire tutta la ricchezza aromatica offerta da questa esplosiva puttanesca concentrata? La buona notizia è che l’amaro e l’umami si placano a vicenda, arrotondando i reciproci spigoli, e la luppolatura a base di varietà americane della Matilde fa proprio al caso nostro, generosa per lo standard belga ma non certo preponderante come per una ipa.

Altra cosa su cui meditare per la corretta riuscita di questo abbinamento: la Okie Matilde è certamente caratterizzata dal brettanomyces, ricordi vinosi, aromi funky, note fruttate, ma non è una birra acida. Tutto questo aggiunge complessità, secchezza al finale, effervescenza adatta a ripulire il palato dalla succulenza del boccone, ma senza che un’eventuale acidità evidenzi l’umami, in un piatto in cui le sensazioni “saporite” non hanno certo bisogno di un’ulteriore spinta.

Morale della storia. Olive? Pomodori secchi o concentrati da lunga cottura? Acciughe? Alici? Capperi? O ancora, baccalà, funghi secchi, peperoni cruschi, colatura di alici, bottarga… le occasioni nella nostra cucina per un sano confronto tra sapidità e luppolo non mancano, è arrivata l’ora di istituzionalizzarne l’unione.

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